La seguente intervista a Sandra Tinner, direttrice e responsabile dell’attività politica del Consiglio svizzero della musica (CSM), è apparsa su «wobei», la rivista della «Wochenzeitung» (WOZ), il 23 maggio di quest’anno. Il suo autore è Jan Jirát.
Sandra Tinner, Lei fa lobby per i musicisti a Palazzo federale. Come ha avuto il Suo badge?
L’ho ereditato dal mio predecessore dopo aver assunto il ruolo di responsabile dell’attività politica presso il CSM, l’anno scorso.
La Sua visione di Palazzo federale è quindi relativamente fresca. Da cosa è rimasta più colpita, finora?
Soprattutto dal fatto che ci vuole molta pazienza, e che le piccole sconfitte non devono mai portare a lasciar perdere. Fondamentalmente, si trova una disponibilità per la cultura presso quasi tutti i partiti. Ma appena si tratta di una richiesta concreta, cioè di un sostegno finanziario, diventa difficile, perché ci sono sempre «altre priorità». Attualmente, la politica energetica e quella della sicurezza dominano sia l’agenda che i bilanci. Prima lo faceva il coronavirus. La musica e la cultura in generale, spesso, sono dimenticate.
Ci sono comunque degli sviluppi positivi?
Un successo è sicuramente il fatto che i settori della musica e della cultura abbiano fatto fronte unito durante la pandemia. Da qui è nata la cosiddetta Taskforce Culture, che ancora oggi è attiva e permette uno scambio. Questo è molto importante, anche per la mia attività politica.
Per molte associazioni, definire quali interessi difendano è relativamente facile. Per il Consiglio musicale non è così, visto che si occupa di un ambito molto ampio…
Sì, e questo vasto ambito lo copriamo tutto: dai musicisti freelance alle case editrici musicali, fino alla musica militare. La più grande associazione che rappresentiamo è comunque l’Associazione bandistica svizzera (ABS). Ci occupiamo anche dello streaming di musica. Il gruppo aziendale di streaming più grande non ha sede nel nostro Paese, tutto è gestito da Berlino; a scapito degli artisti svizzeri, perché a livello internazionale non sono quasi presi in considerazione. Abbiamo portato questo tema a Pro Helvetia.
Lintervista, foto inclusa, appare in «unisono» con il permesso della WOZ e dell’illustratrice Anna Haifisch.